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. L'Ottocento: Goethe

Una radicale opposizione all'Optiks di Newton è condotta da Goethe nella Farbenlehre (Teoria dei colori, 1808-10).

Egli contrasta con decisione l'originarietà della luce bianca e la consecutività delle sensazioni cromatiche, privando la prima del suo trasparente ma duro guscio scientifico e rivelando nelle seconde il progetto per la ricostruzione di una fisionomia-fisiologia della visione, attraverso la soggettività/oggettività di chi percepisce e il confronto fra le due funzioni parallele dei colori fisici e di quelli propri della pratica chimica.

Il colore è indistintamente legato alla luce e all'oscurità, in generale al nero e al bianco che mescolati danno il grigio: il grigio e non il bianco è il colore che riunisce e fonde tutti gli altri colori. Luce e colori stanno in un rapporto abbastanza stretto, ma l'una e gli altri sono frutto dell'intera natura che si svela al senso della vista e quindi filtrati attraverso la nostra esperienza (2).

La Teoria dei Colori è composta di tre parti: una prima parte didattica, una seconda parte storica, una terza parte polemica. Le tre parti hanno valore e finalità diverse.

La parte storica porta il sottotitolo di Materiali per una storia della teoria del colore, e rende grandi servigi di informazione per il periodo precedente agli studi goethiani.
La parte polemica è quella in cui Goethe contesta caparbiamente a Newton ogni diritto o competenza di ricerca intorno ai fenomeni cromatici.
La parte didattica, infine, costituisce il nucleo e il cuore della Farbenlehre, ove cioè si mostra che cosa può una morfologia del colore (3).
Qui Goethe spiega e distribuisce, in tre sezioni, i capitoli fondamentali della sua teoria: una prima sezione fisiologica, trattandosi dei colori soggettivi con la sola funzione intermediaria del soggetto percipiente; una seconda fisica, quando si tratti di colori soggettivi od oggettivi di intensità variabile, passeggera e anche stabile, ottenibili solamente con l'interposizione di corpi trasparenti, traslucidi, riflettenti o combinazioni di questi; una terza sezione chimica, infine, riguardo ai colori più precisamente oggettivi, fissati artificialmente o naturalmente sui corpi e sulle sostanze tutte.
La parte didattica della Teoria dei colori si conclude con il capitolo che più ragionevolmente ha raccolto consensi e interpretazioni dalla "teoria della forma" e dalla "psicologia della percezione".
Si tratta dell'Azione simbolica e morale del colore che ne fa sconfinare l'aspetto didascalico in quello profetico e terapeutico di Rudolf Steiner, e di una conoscenza popolare quanto erudita sulle sensazioni originarie che i colori e le loro figure hanno sempre evocato.


[ Fig. 2 ]

La teoria dei colori di Goethe aveva suscitato l'entusiasmo di Schopenhauer e l'ammirazione di Beethoven: lo schema dei colori fondamentali (azzurro, giallo e porpora) proponeva mescolanze intermedie del rosso-giallo e del rosso-azzurro, con il punto più alto individuato nel porpora (colore arcaico quanto mitico) e dando luogo, invece, come produzione inferiore e mescolanza naturale, al verde. [ Fig. 2 ]

L'aspetto di maggiore interesse che si riscontra nella teoria di Goethe non è tanto nella sconfitta, com'erano le sue intenzioni, di una scienza (la fisica) che giungeva, partendo da incerte osservazioni, a teorie esclusive, salvo aprire insospettatamente verso una scienza pratica (la chimica), quanto nell'aver rivelato l'assoluta mancanza di interesse storico dell'operazione scientifica che non vede più in là dei mezzi utilizzati nel sostenere le proprie teorie.

I vari tentativi delle scienze applicate e della chimica di costruire un corrispettivo vantaggioso rispetto alle ineffettuali teorie sui colori di Newton sembrano tendere in qualche modo a un riesame teorico sulla produzione di tinte classiche ormai estinte del tutto quali la porpora.

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(2) Da Il Verri, n° 22-23, giugno 1982 :"Dire che la teoria goethiana è una teoria dell'esperienza, significa che è una teoria che coinvolge ed implica il sapere e la prospettiva del soggetto. Senza di esso, infatti, le cose bensì sono ma non giungono a manifestazione, sono ma non vivono perché non ottengono articolazione e variazione".
(3) Proprio quest'ultima parte si legge in traduzione italiana nel volume: J. W. Goethe, La teoria dei colori, a cura di R. Troncon, Il Saggiatore, Milano 1979.

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* CAPITOLO 1 - STORIA DEL COLORE *
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